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Uno studio delle Acli illustra il “caos calmo” di Arezzo

Una fotografia sociale ed economica della situazione vissuta dalle famiglie di Arezzo. Le Acli hanno presentato “La famiglia che c’è… ad Arezzo”, un lungo dossier nato da uno studio condotto a livello nazionale per illustrare le problematiche e le caratteristiche della realtà provinciale e per confrontarle al resto della Toscana e dell’Italia. Il documento, frutto del dipartimento delle politiche di Cittadinanza delle Acli coordinato da Giuseppe Marchese, affronta attraverso numeri e spiegazioni una serie di tematiche legate alla famiglia come l’andamento demografico, la qualità della vita, il mondo del lavoro e il welfare. «Questo studio – ha spiegato il presidente provinciale delle Acli Stefano Mannelli, – ci fornisce un quadro completo della situazione economico-sociale delle famiglie del territorio di Arezzo, evidenziandone le vulnerabilità e le peculiarità. Siamo consapevoli che solo attraverso la conoscenza sia possibile agire, dunque le Acli, le istituzioni e gli altri enti potranno utilizzare questo dossier per strutturare quei servizi e quelle politiche efficienti ed efficaci che siano realmente di supporto alle famiglia e, di conseguenza, all’intera comunità». Il dossier illustra una condizione generale della realtà aretina che, rispetto al resto della regione, è stata definita di “caos calmo”. La realtà provinciale, descritta dallo stesso Marchese, appare infatti frammentata e caratterizzata da una popolazione in scarso movimento, una presenza straniera stabile ma non necessariamente integrata, una qualità della vita altalenante, un mondo del lavoro in peggioramento, un tessuto imprenditoriale provato dalla crisi ma con punte d’eccellenza, e un welfare solido. «Una realtà – aggiunge Santino Sciré, vicepresidente nazionale delle Acli, – che nei prossimi anni deve affrontare numerose sfide: i dati di questo dossier serviranno alle istituzioni e al terzo settore per ideare proposte che, dall’attuale “caos calmo”, permettano di realizzare una città e un territorio a misura di famiglia».

 

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Una popolazione immobile: il primo tema trattato dal dossier riguarda la popolazione e sottolinea l’immobilismo di Arezzo: il saldo migratorio del territorio (10,1‰) è infatti quasi la metà di quello regionale e nazionale, mostrando una staticità superiore alle altre provincie toscane. Il tasso di crescita di Arezzo è di conseguenza la metà di quello della Toscana e un terzo di quello dell’Italia, con un tasso di mortalità maggiore a quello di natalità e con un basso tasso migratorio che non permettono al territorio di rigenerarsi da un punto di vista demografico. L’età media degli abitanti di Arezzo è di 45,5 anni ed è lievemente inferiore a quella della Toscana, ma la percentuale della popolazione in età lavorativa (15-64 anni) è superiore alla media della regione. Arezzo vanta comunque un primato regionale perché è la provincia toscana con la più alta percentuale di famiglie numerose con cinque o più componenti.

 

Gli immigrati tra stabilità e cittadinanza matura: nella provincia di Arezzo vi è un’alta concentrazione di stranieri provenienti dall’Europa (65,6%), mentre il 20% viene dall’Africa e il 10,1% dall’Asia. Nello specifico la comunità più numerosa è quella rumena (33,7%), seguita da quella albanese (15,4%) e da quella marocchina (6,1%). Per quanto riguarda l’acquisizione di cittadinanza da parte degli stranieri, Arezzo si colloca al di sopra della media nazionale con un’incidenza del 32,2‰. Questo dato è frutto anche del fatto che la provincia rappresenta un luogo di stabilità per molti stranieri con i permessi di soggiorno di lungo periodo che si attestano al 62,1% (mentre nel resto della Toscana sono al 56%). Il tessuto imprenditoriale straniero è abbastanza vivace ad Arezzo, tenendo conto che la percentuale di coloro che hanno una propria attività è sugli stessi livelli del resto della regione. Analizzando, infine, la graduatoria regionale della presenza nelle scuole dei minori stranieri, emerge che Arezzo si colloca in terza posizione per tutti i cicli (infanzia, primaria e secondaria di primo grado) dopo Firenze e Prato, mentre nel ciclo secondario di secondo grado è in seconda posizione alle spalle del capoluogo toscano. 

 

Qualità della vita e benessere: Arezzo presenta una realtà frammentata con tante problematicità che si affiancano ad alcuni aspetti positivi. Negativo è il saldo dei trasporti, con la città che si colloca in fondo alla classifica per offerta di trasporto pubblico e con una densità di automobili superiore alla media italiana (66 ogni 100 abitanti), con pesanti ripercussioni sulla qualità dell’aria. La produzione di rifiuti urbani rappresenta un’altra criticità: Arezzo si  colloca al di sopra della media nazionale con 580,9 kilogrammi accumulati da ogni abitante. Bassissima è la percentuale della differenziata con un 32% che è inferiore al resto dell’Italia e della Toscana, mentre la quantità di rifiuti trattati in discarica è tra le più alte della regione (78,5% contro, ad esempio, il 14,1% di Pistoia). Il dato positivo è rappresentato dalla presenza di aree verdi, con 28,5 metri quadrati di verde pubblico usufruibile da ogni abitante che colloca la città al 41° posto tra 104 città d’Italia. Un aspetto d’eccellenza, infine, riguarda i consumi: Arezzo è la quarta città più virtuosa d’Italia per il basso consumo pro-capite di acqua potabile ed è tra i comuni più parsimoniosi della Toscana per il consumo di energia elettrica.

 

L’apparente stabilità del mondo del lavoro: la fotografia del mondo del lavoro aretino appare confortante: il tasso di occupazione provinciale risulta del 63,9%, di otto punti superiore alla media nazionale e tra i migliori della regione. Da un punto di vista storico, questo dato presenta una leggera criticità perché dall’inizio della crisi finanziaria ed economica si è registrata una diminuzione dell’occupazione del 2,5%. Una peculiarità è rappresentata dalle donne che, nonostante scontino una posizione di svantaggio rispetto agli uomini (il tasso d’occupazione è al 56,5% contro il 73% maschile), hanno visto crescere del 3,3% i propri livelli occupazionali dal 2009. Il contraltare è rappresentato dal fatto che molte donne hanno iniziato a lavorare in età avanzata per affrontare le ristrettezze economiche delle famiglie. La quota di giovani disoccupati tra i 15 e i 24 anni ha subito un’impennata e si è portata al 39,2%, al di sopra della media della Toscana. A livello contrattuale si nota un aumento delle assunzioni a tempo determinato dal 70,7% al 73,7%, simile all’incremento dei lavoratori indipendenti salito al 27,8% (tre punti sopra la media nazionale). Infine la maggioranza degli occupati si registra nel settore industriale (30%) e ciò determina un minor peso del settore dei servizi.

 

Le difficoltà della piccola e media impresa: il tessuto imprenditoriale aretino è abbastanza sviluppato, con oltre 33.000 imprese attive sul territorio provinciale. Di queste imprese il dossier sottolinea però una scarsa dinamicità: la loro mortalità supera la natalità, definendo un tasso di crescita negativo (-0,6%). Gli esercizi più colpiti sono quelli commerciali di piccole e medie dimensioni, con l’andamento della vendita al dettaglio che nel 2013 ha registrato un -5,9% (contro il -5,3% toscano). Il tasso di iscrizione al registro delle imprese (0,1%) mostra la staticità dell’iniziativa imprenditoriale del territorio di Arezzo.  Anche il comparto del turismo e della ristorazione non è incoraggiante: Arezzo è all’ottavo posto della Toscana per come risulta venduta dai tour operator sul mercato internazionale, con un tasso di crescita al -0,2%.

 

Il welfare locale di fronte alle nuove povertà: la principale peculiarità è rappresentata da un sistema di welfare attivo e attento alle esigenze delle famiglie, con una distribuzione delle spesa diversa dal resto della regione. La provincia di Arezzo ha infatti dedicato nel 2011 una percentuale di risorse pari al 42,1% alla famiglia, un dato superiore a quello nazionale e a quello regionale. La stessa provincia risulta anche particolarmente sensibile ai problemi dei disabili, a cui dedica il 18,9% delle risorse, mentre Arezzo supera di tre punti percentuali il valore medio italiano della spesa per gli anziani (23,1% contro 19,8%).

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