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Il Toscano, una sorta di detonatore artistico

“Perché vuoi lasciare a casa il protagonista?” Questa è la domanda che Sergio Leone pose a Clint Eastwood quando l’attore lo implorò di eliminare il sigaro Toscano dalla sceneggiatura della celebre “Trilogia del dollaro”.

Spesso, sulla bocca di noti condottieri come Garibaldi e statisti quali Churchill, il Toscano rappresenta sicuramente un prodotto nostrano, stimato e invidiato in tutto il mondo. Un mito nato per caso e da una potenziale tragedia ma, come insegna De Andrè, “dai diamanti non nasce niente dal letame nascono i fiori”.

 

E’ il caldo agosto del lontano 1815, nella manifattura tabacchi dell’ex convento di Santa Cristina, gli addetti ai lavori, ingannati dal sole infuocato, decidono di non coprire una grossa partita di tabacco Kentucky. Ma, un imprevedibile e repentino acquazzone colpisce Firenze ed inzuppa completamente i barili contenenti il prezioso prodotto: un dramma. Il direttore dell’opificio, pressato dalla paura di alienarsi le simpatie del granduca di Toscana Ferdinando III, decide, in extremis, di recuperare quelle foglie bagnate e raccoglierle in piccoli e bitorzoluti sigari da vendere a basso costo al popolino fiorentino.

Si gioca al ribasso, ma l’azzardo è vincente. “Audentes Fortuna Iuvat”, il destino favorisce chi osa. Difatti, l’arguzia e la creatività del direttore vengono premiate. La seconda, accidentale e fortuita fermentazione, avviata dalla pioggia, aveva infatti conferito allo “stortignaccolo”, così chiamato affettuosamente dai fiorentini, un gusto ruvido e deciso.

Forte di queste caratteristiche, il neo sigaro si diffonde velocemente anche nei quartieri Oltrarno, e, nel 1818, inizia la sua messa a produzione su larga scala. E’ il preambolo dell’epopea del Toscano, il sigaro dalle “spire azzurre e calde che invadono la bocca e aggrediscono le mucose come un fiato demoniaco”.

Grazie alla sua personalità, il neo sigaro diviene, non solo simbolo dei fumatori italiani, bensì elemento di coesione fra le piantagioni di tutta Toscana, dalla Valtiberina aretina sino all’antica manifattura di Firenze, destinata, nel 1853, a trasferirsi al convento di Porta Sant’Anna di Lucca, per volere del Granduca.

Il Novecento, vede fasi alterne per il Toscano. Nella prima metà del secolo, il sigaro registra valori crescenti di produzione ma, durante il secondo dopoguerra, subisce una battuta di arresto conoscendo decenni di crisi, anche in termini qualitativi. Emblematico l’aneddoto nel quale il noto estimatore Carlo Levi, lamentandosi del declino del Toscano, sbriciolò un sigaro davanti all’allora ministro delle Finanze asserendo: “Se questo fosse fabbricato da un privato tu avresti già dovuto chiederne l’arresto per frode in commercio”.

 

Ma l’epilogo del Toscano non è ancora giunto. Ancora oggi, dopo passaggi di mano e alterne fortune, una nuova primavera sta baciando il sigaro italiano. “Una realtà che si rinnova ogni giorno e trova nel passato le basi per proiettarsi nel futuro”. Questo è il motto del Toscano e, probabilmente, la ragione del suo perenne successo. Un sigaro che, nonostante la sua evoluzione, è rimasto legato indissolubilmente alla propria tradizione ed origine senza mai tradirla. Un sigaro che oggi rappresenta un baluardo dell’artigianalità e del made in Italy.

Un esempio da seguire su larga scala.

 

*#TeletruriaGiovani è un nuovo progetto coordinato da Teletruria, nato dalla volontà di dare voce ai giovani. Il team di #TeletruriaGiovani è formato esclusivamente da ragazzi under 40 non giornalisti che, per il gusto di scrivere e per la passione di condividere le loro esperienze, hanno deciso di curare delle rubriche tematiche. I ragazzi sono tutti volontari e scelgono in autonomia i temi su cui scrivere.

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